L’amministrazione rimborsa il costo della fideiussione
I costi sostenuti per il rilascio di fideiussioni a favore dell’amministrazione finanziaria devono essere rimborsati qualora il relativo diritto al credito sia stato definitivamente accertato per passaggio in giudicato della sentenza – in caso di sopravvenute contestazioni – o semplicemente per decorso del termine per la rettifica del credito.
A ribadire il principio è la sentenza 133 della Ctp di Bergamo, depositata il 1° marzo 2017. La pronuncia trae origine dalla richiesta presentata ai sensi del comma 4, articolo 8, legge 27 luglio 2000, n. 212 (Statuto del Contribuente) che stabilisce che l’amministrazione finanziaria è tenuta a rimborsare il costo delle fideiussioni che il contribuente ha dovuto richiedere per ottenere la sospensione del pagamento o la rateizzazione o il rimborso dei tributi, aggiungendo che «il rimborso va effettuato quando sia stato definitivamente accertato che l’imposta non era dovuta».
Nel caso di specie, il rimborso concerneva i costi sostenuti per le fideiussioni richieste dall’articolo 38-bis, commi 1 e 2, Dpr 633/72, negato dall’Ufficio perché il rimborso spetterebbe unicamente nel caso di garanzie emesse a fronte di un credito Iva oggetto di rettifica (e con successivo contenzioso conclusosi a favore del contribuente) e mai in caso di rimborso in via accelerata.
Di avviso opposto i giudici di merito i quali non hanno ravvisato nel testo della norma alcuna ragione che potesse giustificare un distinguo fra ipotesi di rimborso accelerato e quella di rimborso stabilito giudizialmente dopo un accertamento dell’amministrazione finanziaria rilevatosi infondato. Secondo i giudici la locuzione «definitivamente accertato», contenuta nello Statuto[…], non può avallare una interpretazione restrittiva, perché l’accertamento definitivo del diritto al rimborso, può anche conseguire alla scadenza del termine per l’accertamento di cui all’articolo 57, Dpr 633/1972.
I giudici hanno peraltro ribadito che la disposizione ha carattere precettivo ed è immediatamente applicabile, non essendo necessario alcun decreto o norma di attuazione (Cassazione 28 agosto 2013, n. 19751).
La Commissione ha sottolineato che il mancato riconoscimento del rimborso si risolverebbe in un’ulteriore tassazione a carico dei contribuenti che si ritrovano in una posizione creditoria nei confronti dello Stato, penalizzandoli ingiustamente. Continua dunque ad essere recepito l’orientamento della Cassazione (già abbracciato dai giudici meneghini di primo grado nella sentenza 8913, depositata il 22 novembre 2016) che aveva statuito l’applicabilità dell’articolo 8 ai costi sostenuti per il rilascio di qualsiasi tipo di fideiussione che il contribuente “ha dovuto richiedere” al fine di ottenere il rimborso: va infatti, ammesso il rimborso di ogni tipologia di costi fideiussori a prescindere dalla genesi dell’onere stesso (Cassazione 5 agosto 2015, n. 16409).
Peraltro, il diritto al rimborso degli oneri di fideiussione trova fondamento anche nell’ordinamento comunitario (Direttiva IVA n. 112/2006 e Causa C-78/00, 25 ottobre 2001).
In precedenti occasioni sia la CTP di Milano che la CTR della Lombardia (CTP Milano sent. n. 165/23/2011; CTP Milano sent. n. 3111/24/2013; CTR Milano sent. n. 127/43/2012; CTR Milano sent. n. 30/2015. CTP Milano, sent. n. 4610/2016) si sono espresse in senso analogo, riconoscendo il diritto del contribuente al pieno rimborso.
Peraltro, si tratta di processi definiti (e quindi decisioni aventi forza di giudicato). La tesi pro contribuente, a mio avviso, è assolutamente da preferire. Esaminando i principi recati in merito dalla sentenza della CTR della Lombardia n. 127/43/12 (passata in giudicato), che ben esamina la questio iuris di cui discutiamo, emergono molti spunti a favore della posizione dei contribuenti: “la Commissione non condivide l’interpretazione dell’art. 8 comma 4 della Legge 212/2000 fornita dall’Ufficio appellante, secondo la quale “la previsione del rimborso dei costi di fideiussioni sarebbe subordinata al definitivo accertamento della debenza del tributo o della debenza in misura inferiore rispetto a quella accertata” atteso che tale interpretazione verrebbe a limitare l’operatività del comma 4 dell’art. 8 ai soli costi di accertamento d’imposte ed a escludere così contra voluntatem legis, la sua applicazione al rimborso dei tributi”. La norma in commento infatti non si limita affatto alle sole due ipotesi prospettate dall’Ufficio ma include espressamente il caso di rimborso dei tributi. La tesi dell’Ufficio, pertanto, non è assolutamente condivisibile non solo in quanto infondata ma anche perché del tutto contraria alla lettera e alla ratio dell’art. 8, comma 4, dello Statuto del contribuente. Ritiene la Commissione corretta ed ineccepibile la sentenza dei primi giudici che in accoglimento della tesi della società contribuente sul punto recita: “nel merito rileva la fondatezza della pretesa della ricorrente in ordine al chiesto rimborso di € XXX pari al costo delle fideiussioni sostenuto dalla società per ottenere il rimborso del credito IVA maturato negli anni d’imposta 2000, 2001, 2002 e 2003 ai sensi e per gli effetti di quanto disposto dall’art. 8 comma 4 dello Statuto del contribuente…tanto più in presenza di una precisa direttiva nella normativa e giurisprudenza comunitaria in materia, che come tale secondo le disposizioni CEE, produce effetti di-retti anche negli ordinamenti nazionali e può essere invocata nei confronti della stessa Pubblica Amministrazione dai soggetti interessati, direttiva che ha riconosciuto che “le modalità di rimborso dell’eccedenza dell’IVA che uno Stato membro stabilisce devono con-sentire al soggetto passivo di recuperare n condizioni adeguate, la totalità del credito risultante da dette eccedenze IVA….e comunque il sistema di rimborso adottato non deve far correre alcun rischio finanzia-rio al soggetto passivo”. Ove al contrario dovesse operarsi secondo gli assunti dell’Ufficio, si verrebbe a verificare che sarebbero ammessi al rimborso i contribuenti che sono stati destinatari di una pretesa tributaria, mentre sarebbero esclusi i contribuenti più virtuosi che non sono destinatari di alcuna pretesa tributaria. (omissis). Per le considerazioni innanzi esposte, la Commissione rigetta l’appello dell’Agenzia Direzione Provinciale I di Milano e per l’effetto, conferma la sentenza di primo grado”.
Se dovese servire, i lettori dell’articolo possono contattare il nostro studio per la trasmissione delle sentenze in versione integrale (di modo tale da poter argomentare con solidi precedenti giurisprudenziali le proprie richieste), in quanto sono cause da noi patrocinate che probabilmente non sono presenti in molte banche dati, con l’auspicio che così non si giunga a prese di posizioni giurisprudenziali di segno opposto.
I miei personali migliori saluti.
Avv. Federico Pau